Il Manifesto

Aquilegia È un fiore blu. Come nella tradizione alchemica e della gnosi, simbolo dell’Unione perfetta, del viaggio verso la liberazione dal Tempo in una ricerca della liberazione interiore

IL MANIFESTO

 

Il tempo che ci fa e ci disfa, il corpo con le sue malattie e il suo nutrimento, il silenzio abissale in mezzo al fracasso dei vivi, la vecchiaia e la morte, un cosmo impazzito, l’impermanenza e la
caducità delle cose.

Onnipresenza e mistero del male, schegge di dolore, crudeltà degli uomini e della natura e infinita solitudine; presenza nascosta di angeli consolatori in questo “secolo crudele”.

Il giornalista e la cronaca nera come mistero del male; lontano dalla politica, ma vicino alla polis, contro i macelli, il Vaticano e la Fao, per l’aborto, il controllo delle nascite e l’eutanasia.

Il teatro come luogo di ricerca e sperimentazione, fusione di differenti linguaggi, dalla parola alla musica, dalle maschere alle marionette ai manichini da animare.

La musica, il canto, il recupero delle tradizioni popolari e della figura dei cantastorie. La sacralità della parola, la bene-dizione del testo, la valorizzazione della lingua italiana e l’idea di una parola che lenisca e curi i mali del mondo, che nasca da un silenzio fertile e viva attraverso la forza e la passione dell’attore.

L’artista che si muove tra la gente e tenta di fermare il tempo e la folle corsa di un’umanità impazzita e vittima della velocità. La strada come santuario da benedire sempre e
ricercare. Il cinema e il linguaggio cinematografico come luogo dell’immaginario, sogno, evocazione.

Il viaggiatore nei luoghi fisici e in quelli dell’anima, l’evocazione, tra lirismo e improperi, della bellezza passata e dei disastri ambientali e architettonici dell’Italia, corpo ormai malato, narrati, in un anti ritratto, da un Viandante-Pellegrino visionario, rabdomante e gnostico. Attraverso le luci di una piazza, un viso, un sorriso, una trattoria, si giunge alla cognizione della Luce e delle Tenebre; le parole scavano nell’umano e illuminano la sofferenza, il dolore quotidiano, l’offesa della caduta dell’essere umano, non senza una infinita pietas.

Il poeta, oscillante dalla lirica colta, farcita di citazioni, alla ballata, fatta per essere recitata lungo i binari della ferrovia, frammenti e schegge destinate ad illuminare un attimo “il sepolcrale segreto dei mondi”. Esilio terrestre del poeta che attraverso le sue parole getta una luce sull’abisso, la parola come viatico e risposta alla sofferenza umana, grazia nascosta che invita alle lacrime e cura.

L’erudito dalla cultura immensa e divulgatore di una scienza filologica viva; traduttore originale dall’antico ebraico e dal latino, dal greco moderno, dal francese e dallo spagnolo, delle grida di Giobbe e dell’Ecclesiaste, delle voci accorate di Hölderlin, Kavafis, Celan, Rimbaud e altri.
“Cittadino di Gerusatene”, rivendica la filiazione ebraica e greco latina. Interesse per la gnosi, il movimento dei Catari e degli Illuminati settecenteschi. Amicizia e scambi con Cioran, come lui “squartatore misericordioso”, Quinzio e molti altri.

Una scrittura che privilegia la brevità: aforismi, frammenti, elzeviri, meditazioni; voce aspra come una mela verde, malinconica, lucida, graffiante; satira, denuncia, indignazione, umorismo spesso stridente, compassione che, ritrosa, si cela e, a tratti, balsamo e “trafitture di tenerezza”.

La custodia della terra, la scelta etica di un’alimentazione sostenibile che assecondi il ciclo delle stagioni e rispetti la biodiversità. La scelta di un’agricoltura consapevole e di zona a dispetto dell’industria qualunquista delle multinazionali.

Pessimismo tonificante che rifugge dalle ideologie dominanti; sensibilità alle fratture e alla disgregazione del mondo moderno, ricerca, in un’epoca che precede la Caduta, della purezza perduta, dell’unità dell’essere e di un senso all’umano errare.

Profetismo a tratti apocalittico, uso dell’improperio per fustigare l’era del consumo, la (non) cultura televisiva: Guido Ceronetti, “predestinato all’esilio” ed “eremita sedotto dall’inferno [… e al quale è ] stato rifiutato il dono dell’illusione” (Cioran), è un misantropo che crede negli angeli custodi.

Start typing and press Enter to search

Shopping Cart

Nessun prodotto nel carrello.